lunedì 3 febbraio 2014

Decreto Bankitalia, la prova provata che contano più le banche che gli italiani




Per decreto NON SI ERA MAI VISTO CHE UNA SINGOLA AZIONE PASSASSE DA 0,52 centesimi a 25 mila euro.
QUESTO È UNO DEGLI EFFETTI DEL DECRETO SULLA RICAPITALIZZAZIONE DI BANKITALIA, con il legislatore che ha aggiornato il valore, PORTANDOLO DA quello originario di 156 MILA EURO A 7,5 MILIARDI DÌ EURO.

GOVERNANCE IMMUTATA .
Questo provvedimento ha scatenato i grillini, le ali estreme di destre e sinistra, molti economisti. Ma di per sé NON MODIFICA LA GOVERNANCE della vigilanza italiana: padre padrone resta IGNAZIO VISCO, con la politica e gli azionisti bancari costretti a rispettare l’indipendenza del governatore.

AUMENTA IL VALORE DELLA BANCA .
Cambia invece, quello sì, il valore della banca (come detto sale a 7,5 miliardi di euro); s’impone agli azionisti con quote maggiori al 3% (INTESA e UNICREDIT detengono da sole il 64,4 per cento complessivo) di cedere quelle eccedenti; s’impedisce l’ingresso nel capitale agli stranieri; s’introduce un tetto ai dividendi complessivi pari a 450 milioni di euro.
Tutto chiaro? Non proprio. perché sono vari gli scenari che si possono aprire dopo QUESTO PROVVEDIMENTO. E tutti A FAVORE DELLE BANCHE AZIONISTE. Ecco i principali i nodi.

LA RIVALUTAZIONE È ARBITRARIA .
Il capitale della Banca Italia è rimasto lo stesso dal 1936, cioè da quando i principali istituti di credito (all’epoca statali) versarono circa 300 milioni di lire. Con il risultato che al cambio attuale i 156 mila euro complessivi appaiono poco credibili di fronte a riserve monetarie proprie pari a 23 miliardi di euro e al passaggio a una moneta (l’euro per l’appunto) dal peso specifico più ampio della vecchia lira. Da qui la necessità di intervenire.

LA TROIKA DI SAGGI .
UN GRUPPO DI TRE FAMOSI ESPERTI (l’ex ministro e presidente della Consulta FRANCO GALLO, il bocconiano ANDREA SIRONI, l’ex vicepresidente della Bce Lucas PAPADEMOS) HA STIMATO IL VALORE DI VIA NAZIONALE IN CIRCA 7,5 MILIARDI. L’ha fatto AFFIDANDOSI AL cosiddetto METODO DEL DIVIDEND DISCOUNT MODEL. Cioè in base a quanto si restituisce e SI RESTITUIRÀ AGLI AZIONISTI.
I tre hanno scritto che questa valutazione è «nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca fosse aumentato a 6-7 miliardi e il tasso di dividendo fosse stabilito al 6%, il valore delle quote dopo la riforma si collocherebbe all'interno dell'intervallo di 5-7,5 miliardi sopra indicato». In questo modo, «la riforma risarcirebbe appieno i partecipanti, garantendo loro un flusso futuro di dividendi il cui valore attuale netto è pari al valore corrente stimato delle quote della Banca».

LE CRITICHE DEGLI ECONOMISTI .
Non tutti, però, sono d’accordo con questo metodo di calcolo. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta ha dichiarato che «l’esecutivo ha calcolato in maniera autoreferenziale (al ribasso) il nuovo valore delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia». Di diverso parere i professori (e titolari di cattedre in alcune università americane) Alberto Bisin, Michele Boldrin e Andrea Moro.

UN PATRIMONIO PUBBLICO .
Su Noise of Amerika.org hanno contestato che il buffering (L'AUMENTO DI CAPITALE) A FAVORE DEI SOCI (le banche) SIA FATTO ATTRAVERSO LE RISERVE CHE LA BANCA D'ITALIA HA CUMULATO ATTRAVERSO L’ATTIVITÀ DI SIGNORAGGIO. Quindi «QUESTO PATRIMONIO È PUBBLICO E APPARTIENE AL TESORO, PERCHÉ È STATO ACCUMULATO GRAZIE AL POTERE DI MONOPOLIO FORNITO DALLA LEGGE ALL'EMISSORE DI MONETA, NON ATTRAVERSO L'ATTIVITÀ E GLI INVESTIMENTI DEI SOCI, COME AVVERREBBE PER UNA QUALSIASI AZIENDA PRIVATA». Di conseguenza, il valore delle quote «è arbitrario e quindi la ricapitalizzazione è nella sostanza un trasferimento dal Tesoro alle banche che detengono le quote».

LE BANCHE AUMENTANO IL CAPITALE SENZA SBORSARE UN EURO
L’ideatore del provvedimento - l’ex ministro Renato Brunetta - ha sempre ammesso senza imbarazzi che uno dei propositi della rivalutazione delle quote di Bankitalia era quello di permettere ai principali istituti italiani di mettere a bilancio plusvalenze che ne aumentassero il capitale. Operazione necessaria visto che Mario Draghi, nel passaggio della vigilanza dagli organismi dei vari Paesi alla Bce, ha preteso dai 27 una nuova stagione di buffering, per aumentare il Tier 1 e rendere più sostenibili queste realtà.

GLI AZIONISTI SONO SALVAGUARDATI .
LE BANCHE ITALIANE, COSÌ, SI RITROVANO A SODDISFARE UN MAGGIORE LIVELLO DI PATRIMONIALIZZAZIONE. Ma lo fanno SENZA SPENDERE UN EURO ed EVITANDO O LIMITANDO INTERVENTI DEGLI AZIONISTI SUL CAPITALE PROPRIO, che in questi ultimi giorni hanno fatto crollare titoli come quelli del Banco Popolare o del Monte dei Paschi.
È PROPRIO QUESTO IL NODO CENTRALE DELLA QUESTIONE: quanto CI GUADAGNANO gli istituti SULLA PELLE DEL CONTRIBUENTE? Questo aumento di capitale è soltanto nominale: gli azionisti (le stesse banche, alcune assicurazioni, enti come l’Inps o l’Inail) iscrivono a bilancio il valore delle loro quote e pagano all’erario le tasse sulla forte plusvalenza. Tutto SENZA VERSARE DIRETTAMENTE UN EURO NEL CAPITALE DI BANCA D’ITALIA. Il Movimento 5 stelle ha parlato di un incasso straordinario per i soci intorno ai 4 miliardi di euro a fronte di meno di uno girato all’Erario. Ma il calcolo è più complesso di quanto sembra.

L'ASSALTO AI DIVIDENDI E I DUBBI DI BISIN, BOLDRIN E MORO .
Il vantaggio per le banche dipenderà dalla cedola che staccherà Palazzo Koch. Nel 1936 si decise di tenere bassa la capitalizzazione anche per evitare che gli incassi grazie all’attività di signoraggio (gli oneri garantiti a chi stampa moneta) non finissero al Tesoro o alle forme di riserva. L’articolo 4 dello Statuto prevede che «ai soci siano distribuiti dividendi per un importo fino al 6% del capitale e, su approvazione del Consiglio superiore, un ulteriore 4% del valore nominale del capitale», ai quali, stando all’articolo 39, «si aggiunge una somma non superiore al 4% dell’importo delle riserve».
Ma un conto sono le cedole calcolate su un patrimonio di 156 mila euro, un altro su un platfond da 7,5 miliardi di euro. Infatti il tetto nominale passa da 70 milioni a 450 milioni.

L'ULTIMA PAROLA AL GOVERNATORE .
Detto questo il governatore e il direttorio, come ogni altro consiglio d’amministrazione, hanno piena discrezione sull’entità dei dividenti. Li possono alzare, abbassare, o cancellare come ha fatto in Fiat Sergio Marchionne. E siccome gli azionisti-banche non hanno alcun potere sulla governance di Palazzo Koch, sarà per loro difficile esercitare pressioni indebite verso il management.

CEDOLE GONFIATE .
Di fronte a tutto questo però il trio Bisin, Boldrin e Moro ha segnalato due note dolenti. La prima è che nulla esclude che già nel bilancio 2014 (la norma è retroattiva all’anno contabile 2013) LE BANCHE AZIONISTE SI RITROVINO ALTISSIMI DIVIDENDI SENZA AVER SBORSATO UN CENTESIMO. In secondo luogo, dicono, NON È «POSSIBILE ACCETTARE CHE UN GOVERNATORE DEBBA ESSERE POSTO, DALLA LEGGE, NELLA SITUAZIONE DI CHIEDERSI, OGNI ANNO, SE DEVE O MENO SUSSIDIARE BANCHE PRIVATE USANDO I PROVENTI DEL SIGNORAGGIO. UNA PORCATA DEL GENERE FAREBBE BESTEMMIARE QUALSIASI ECONOMISTA degno di tale titolo. PERCHÉ VISCO NON DICE NULLA?».

PER GLI AZIONISTI POSTA LA SOGLIA DEL 3% .
Il decreto passato alla Camera lo scorso 29 gennaio non interviene sulla governance dell’istituto. I soci continuano a non contare nulla, mentre alla politica resta soltanto il potere di nominare il governatore. Che però soltanto nel caso di Mario Draghi non era interno all’organismo. C’è però una novità sostanziale che potrebbe in futuro modificare il grado di moral suasion degli istituti sulle principale scelte di via Nazionale. I quali, come nel caso del «licenziamento» di Antonio Fazio, spesso sono tutt’altro che neutrali spettatori.

LA TRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE .
Bene, LA NUOVA NORMATIVA PREVEDE CHE CHI HA UNA QUOTA DI CAPITALE ECCEDENTE AL 3% DEVE VENDERE LE AZIONI IN PIÙ. Questa scelta vuole sanare il conflitto tra un ente pubblico e i suoi soci che negli anni sono diventati privati. MA FINISCE PER INTRODURRE un aspetto che nessuno aveva voluto mai affrontare: LA TRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE DI BANKITALIA.
Il legislatore ha seguito una strada che potrebbe risultare vantaggiosa per gli azionisti: da un lato ha vietato l’acquisto di queste quote da parte di operatori stranieri, dall’altro ha imposto a via Nazionale di comprarle, qualora non si trovi un compratore, per poi rivenderle.

VIA NAZIONALE ACQUIRENTE FINALE .
QUESTO SCHEMA FA SÌ CHE LE BANCHE AZIONARIE POSSANO FARE IL PREZZO, FACENDO PAGARE ALL’ACQUIRENTE ANCHE UN PREMIO SUI DIVIDENTI FUTURI, e che non debbano preoccuparsi di trovare un compratore. TANTO C’È Pantalone, in questo senso LA BANCA D’ITALIA, A FARSENE CARICO.

PALAZZO KOCH PRIMA RIVALUTA E POI RIACQUISTA A UN PREZZO PIÙ ALTO LE QUOTE .
Quando la scorsa primavera Brunetta propose la ricapitalizzazione coatta di Bankitalia, sottolineò tre vantaggi: le banche avrebbero rafforzato il proprio grado di capitalizzazione in prospettiva dei nuovi stress test; gli istituti avrebbero avuto più liquidità da girare a famiglie e imprese; lo Stato avrebbe incassato un gettito straordinario.

COPERTURA PER L'IMU .
Dopo aver messo a bilancio questa improvvisa plusvalenza sulle loro quote di Palazzo Koch, gli istituti dovranno versare all’erario il 20% della cifra (circa 900 mila euro), come prevedono le aliquote sulle rendite finanziarie. Questi soldi serviranno al ministro Fabrizio Saccomanni per coprire la cancellazione della seconda rata dell’Imu. Questo avverrà sul breve termine. Perché già sul medio periodo (cioè quando le banche con quota eccedente al 3% dovranno cedere le loro azioni) l’operazione rischia di tramutarsi in un boomerang per il pubblico.

RISCHIO BOOMERANG .
A riguardo è utile ancora una volta seguire il ragionamento di Bisin, Boldrin e Moro. «Per agevolare il processo di ricomposizione dell'azionariato», scrivono gli economisti, «la Banca d'Italia ha facoltà di riacquistare temporaneamente le quote. In questo caso la Banca d’Italia (il Tesoro in ultima istanza) trasferirebbe sostanzialmente, non solo contabilimente, liquidità alle banche oggi proprietarie in cambio di quote azionarie». Morale? «In altre parole, IL GOVERNO/TESORO PRIMA RIVALUTA CONTABILMENTE LE QUOTE DELLE BANCHE IN BANCA D'ITALIA e POI SE LE RICOMPRA AL NUOVO ELEVATISSIMO PREZZO PERCHÉ ALTRIMENTI LA BANCA D'ITALIA PERDEREBBE INDIPENDENZA (che NON È VERO perché i soci contano poco o nulla)».

L'OSTRUZIONISMO DEI 5 STELLE ALLA CAMERA .
I grillini sono stati protagonisti di un’operazione di ostruzionismo con una maratona oratoria che non si vedeva da anni in parlamento. Tutto, va detto, secondo regolamento. Tanto che ha lasciato perplessi la soluzione della presidente della Camera, Laura Boldrini, per convertire in tempo il decreto Imu: la famosa «ghigliottina» con la quale sono stati cancellati gli interventi dei parlamentari che si erano iscritti a parlare.

«I SOCI NON PAGANO» .
I pentastellati da settimane chiedevano di scindere la rivalutazione delle quote di Palazzo Koch dal decreto per abolire la seconda rara dell’Imu. Il Movimento ha parlato di rivalutazione degli asset «arbitraria» (cioè non legata al vero patrimonio dell’organismo) cosi come ha sottolineato l’ambiguità di una ricapitalizzazione, dove «non sono i soci a sborsare soldi per la loro azienda.
Perché qui funziona al contrario». In conclusione, secondo il M5s, siamo di fronte a un regalo alle banche a spese del contribuente. Senza dimenticare i dividendi del 6% garantiti agli azionisti. Cioè, con «una remunerazione, senza eguali sul mercato per quanto riguarda asset risk-free)».
Per questo i 'cittadini' paventano che le azioni da dismettere possano andare a soggetti stranieri le azioni.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento